Vitamina D

Dicembre 30, 2019

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Dopo aver analizzato, nel precedente articolo, l’ importanza dell’ integrazione per contrastare l’Idrosadenite Suppurativa, cerchiamo ora di capire perchè, tra gli integratori, la Vit. D assume un ruolo fondamentale.

Vitamina D: cos’è?

Nonostante il suo nome, la vit. D non è una vitamina, ma un proormone o precursore di un ormone.
La vitamina D e la sua carenza stanno diventando un argomento di grande interesse negli ultimi anni. Oltre al noto ruolo della vitamina D nel mantenimento della salute delle ossa, sempre più numerose sono le prove relative alla sua importanza nel funzionamento del sistema immunitario. L’associazione tra carenza di vit. D e malattie autoimmuni è stata supportata da studi epidemiologici. Essi hanno dimostrato una maggiore prevalenza di carenza di vitamina D tra i pazienti autoimmuni, rispetto alla popolazione generale.

Vitamina D e malattie autoimmuni

L’effetto della vitamina D sul sistema immunitario

Si presume che fattori genetici, immunologici, ormonali e ambientali contribuiscano allo sviluppo di malattie autoimmuni.

Uno dei fattori ambientali studiati è stata la vitamina D. La vit. D ha un ruolo significativo in vari processi del sistema immunitario e i suoi recettori sono stati trovati in cellule immunitarie, inclusi macrofagi, cellule dendritiche, cellule B e cellule T.

Studi in vitro hanno mostrato un effetto attenuante della vit. D su varie cellule immunitarie del sistema immunitario: neutrofili, cellule dendritiche e cellule regolatorie T (Treg). In termini di attività sulle cellule immunitarie, la vitamina D ha mostrato di avere un effetto inibitorio sulle cellule Th1, portando a una diminuzione della produzione di citochine Th1.

Promuove, inoltre, la regolazione e l’interazione tra linfociti e cellule aumentando la produzione di linfociti Th2 e inducendo la proliferazione di cellule dendritiche con proprietà di tolleranza immunitaria, con un’azione antinfiammatoria e di immunoregolazione.

Esistono prove del fatto che la vit.D moduli anche l’attività delle cellule Th17, note per il loro ruolo nell’autoimmunità e aumenta la popolazione di cellule Treg, promuovendo così la tolleranza immunitaria.

In uno studio in vitro, la vitamina D ha dimostrato di inibire la produzione e la secrezione di autoanticorpi.

Vitamina D e Idrosadenite Suppurativa


Nei pazienti con Idrosadenite Suppurativa, sono stati misurati i livelli sierici di 25-idrossivitamina D e il 75% dei pazienti presentava livelli <50 nmol / L (20 ng / mL), al di sotto dei quali i pazienti sono considerati carenti di vitamina D.

Carenza di Vitamina D

Cause

La carenza di vit. D può avere cause diverse; infatti, può dipendere da:

  • Un insufficiente apporto alimentare della vitamina in questione;
  • Un’ inadeguata esposizione al sole, causata da:
    • Ridotta attività fisica all’aria aperta;
    • Pelle scura;
    • Vivere in zone molto distanti dall’equatore;
    • Eccessivo uso di creme solari (una crema solare con protezione 15 blocca circa il 99% della produzione cutanea di vitamina D).
  • Un aumento del fabbisogno di vitamina D;
  • Un alterato assorbimento intestinale
  • La presenza di condizioni mediche, come le malattie epatiche o le malattie renali, le quali compromettono la conversione della vitamina D biologicamente inattiva nella sua forma biologicamente attiva (N.B: si ricorda che fegato e reni sono la sede in cui ha luogo la sopraccitata conversione);
  • Una terapia a base di farmaci che interferiscono con il normale metabolismo della vitamina D (es: anticonvulsivanti, colestiramina, glucocorticoidi, antifungini, antivirali, medicinali antirigetto ecc.).

Fattori di rischio

Ad aumentare il rischio di carenza di vit. D contribuiscono diversi fattori, tra cui:

  • Fumo di sigaretta
  • Età avanzata 
  • Obesità (perché il tessuto adiposo sequestra la vitamina D e in questo modo ne riduce la biodisponibilità);
  • Pelle scura (perché si accompagna a una minore efficienza produttiva cutanea);
  • Alcolismo (perché compromette l’assorbimento intestinale della vitamina D);
  • Presenza di osteoporosi;
  • Allattamento al seno per lunghi periodi di tempo (perché il latte materno rappresenta una scarsa fonte di vitamina D);
  • Presenza di morbo di Crohn o celiachia (perché compromettono l’assorbimento della vit.D a livello intestinale);
  • Presenza di bypass gastrico (perché riduce l’efficienza di assorbimento della vit. D lungo le vie dell’apparato digerente).
  • Sindrome dell’ intestino permeabile

Diagnosi

Per conoscere i livelli di vit. D presenti in un essere umano, i medici misurano la concentrazione sierica del 25-idrossicalciferolo, noto anche come calcidiolo o 25-OH-D.

Il 25-idrossicalciferolo è la forma con cui la vit. D di origine solare e alimentare circola nel sangue dell’essere umano; in altre parole, nel sangue la vit.D assume le sembianze del 25-OH-D.
Per esprimere la concentrazione del 25-idrossicalciferolo, esistono due unità di misura: la nanomole per litro, scritta più comunemente come nmol/l, e il nanogrammo per millilitro, identificato solitamente con ng/ml.

Un individuo presenta un’adeguata quantità di vitamina D quando la concentrazione di 25-OH-D è compresa tra le 75 nmol/l (30ng/ml) e le 200 nmol/L (80ng/ml). I medici, pertanto, cominciano a parlare di carenza di vitamina D, quando la concentrazione di 25-OH-D è inferiore alle 30 nmol/l (12 ng/ml).

Protocollo Coimbra

ATTENZIONE: il seguente paragrafo ha scopo puramente informativo, parlando di integrazione di Vit. D non si fa riferimento a tale protocollo, in quanto, se non praticato sotto stretto controllo medico, può condurre a seri problemi.

Il protocollo del dottor Coimbra prevede elevati dosaggi di vitamina D per combattere numerose patologie. Questo modo nuovo di utilizzare la D, sfruttandone le enormi potenzialità di riequilibrio del sistema immunitario, soprattutto nelle malattie autoimmunitarie.

La nascita del protocollo

Il metodo di cura con alte dosi di vit. D è stato sviluppato dal neurologo Cicero Galli Coimbra. Diversi anni fa, cercando nuove possibilità terapeutiche nelle malattie neurodegenerative, Coimbra ebbe la possibilità di conoscere una gran mole di dati scientifici riguardanti la vitamina D, la maggior parte dei quali non era minimamente utilizzata nella comune pratica clinica. Si rese conto allora che un grande numero di pazienti avrebbe potuto trarre grandi giovamenti dall’applicazione di quei dati su loro stessi. Così cominciò a somministrare delle dosi considerate piuttosto alte (10.000 UI) di vit. D a pazienti affetti da malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson.

Il suo semplice ragionamento era: non è possibile che la natura possa creare spontaneamente una condizione di tossicità con queste dosi, considerato che il corpo umano è in grado di sintetizzare 10.000 UI e più di vit. D dopo circa 20 minuti di esposizione al sole. Inoltre, negli ultimi anni c’era un comune accordo tra gli scienziati sulla revisione delle vecchie RDA di 400/600 UI giornaliere, considerate per lo più inefficaci, a favore delle 7000 UI, dose considerata utile e sicura.

Il primo caso di successo e le successive evoluzioni

Uno dei pazienti di Coimbra, affetto da Parkinson e al quale era stata prescritta la dose di 10.000 UI, tornato al controllo dopo alcuni mesi mostrò, oltre al miglioramento delle condizioni cliniche, anche la regressione di alcune chiazze di vitiligine da cui era affetto.

Questo fu il punto di partenza per un approfondimento degli studi sul sistema immunitario in relazione all’efficacia della vit. D nelle malattie autoimmuni. Infatti tale sostanza è un potente regolatore del sistema immunitario, in grado di calibrare la funzione di migliaia di geni in ogni cellula immunitaria.

Coimbra cominciò dunque a sperimentare su tutti i pazienti affetti da patologie autoimmuni la somministrazione di 10.000 UI di vit. D3, constatando benefici più o meno grandi, ma si rese conto che questa dose non influiva sul decorso della malattia. Allora provò ad aumentare gradualmente i dosaggi, adattandoli alla resistenza individuale del paziente monitorata sul valore del paratormone (PTH) arrivando anche a dosi superiori alle 50.000 UI.

Il neurologo ha usato un dosaggio iniziale modulandolo dopo pochi mesi (cioè aumentandolo o diminuendolo) in base al valore del PTH, che dovrebbe attestarsi intorno ai minimi del range.

Conclusioni


La vit.D ha un ruolo cruciale nel funzionamento del sistema immunitario. La vitamina D ha dimostrato di essere un immunomodulatore in vari studi molecolari.

Pertanto, è importante mantenere livelli normali di vitamina D. La carenza di vit. D è comune nei pazienti con malattie autoimmuni, come è stato osservato nei pazienti con SM, diabete di tipo 1, IBD, psoriasi, idrosadenite Suppurativa ecc. e sembra influenzare l’attività e gli esiti di queste malattie autoimmuni.

La vitamina D è molto sicura da integrare e gli effetti collaterali e la tossicità sono raramente raggiunti, anche a dosi giornaliere pari fino a 10.000 UI, quindi, sebbene siano necessari ulteriori studi per determinare l’esatto meccanismo dell’effetto della vit. D nelle malattie autoimmuni , è raccomandabile prendere in considerazione l’integrazione di vitamina D in tutti i pazienti autoimmuni.

Attualmente, non esiste una raccomandazione generalizzata per il dosaggio di integrazione di vit. D nei pazienti autoimmuni. Tuttavia, sarebbe consigliato, per pazienti con malattie autoimmuni, il mantenimento di Vitamina D3 (25-OH) compreso tra 80 e 100 ng/ml.

Fonti

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